I giovani oggi

Il malessere esistenziale tra i giovani è in forte crescita in questi ultimi anni, soprattutto tra le ragazze. Nel 2022 in Italia erano oltre 110mila le richieste di sostegno a Telefono Amico.
Il primo indicatore che dà conto di questa situazione è quello dei NEET, giovani tra i 18 e i 29 anni che “non lavorano, non studiano e non si trovano in un periodo di formazione” e che secondo Eurostat in Veneto sono oltre il 20% della popolazione di quella fascia di età.
Azienda Zero documenta che nel 2021 in Veneto c.a. il 18% dei giovani 18-24 ha avuto contatto con un terapeuta, era il 14% nel 2020, +28,5%.
A causa di stigma sociale, sensi di colpa, pudore delle famiglie, non riconoscimento del disturbo, mancanza di strutture in zona tanti casi restano silenti, chiusi in casa, non contati.
Stime attendibili parlano del 60% di giovani in sofferenza (Società medico-chirurgica vicentina, Vicenza 6 maggio 2023 e 13 gennaio 2024 – convegno Psichiatria da protagonisti) che sono fuori da un percorso di cura, un dato che proietta oltre il 40% la percentuale dei giovani in sofferenza.

Le cause principali sono attribuite alla percezione di una elevata probabilità di non riuscire ad evolvere verso una normale maturità in un mondo impazzito che ogni giorno ci sbatte in faccia: emergenza climatica ed ambientale, guerre di odio, sterminio e conquista, abusivismo, evasione fiscale, ingiustizia, debito pubblico senza freni sulle spalle dei giovani, più pensioni per i vecchi e nessuno che pensa ai giovani, politici perennemente in campagna elettorale, possibilità di successo solo per le eccellenze, ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, soldi facili, edonismo, uomini che uccidono le donne, violenza in strada come in un videogame, sport sempre più estremi, adrenalina fino a morire.
In questo contesto esterno durante il periodo scolare spesso i giovani sono oggetto da parte di famiglia e società di richieste spesso anche conflittuali di iper-performance, iper-attenzione e iper-protezione. Il loro tempo “libero” è anch’esso iper-strutturato con ragazzi che vengono trasportati da adulti tra un corso di strumento musicale ad un allenamento pre-agonistico o agonistico lasciando sempre meno spazio al formarsi di relazioni amicali spontanee e rubando spazio anche allo studio visto che poi i giovani agonisti sono esonerati dall’interrogazione del lunedì. Anche i genitori hanno ritmi di vita analoghi tra stress di lavoro, gestione della casa e necessario recupero personale e si perde quell’elemento fondamentale che la relazione familiare e soprattutto l’ascolto.

A questo si affianca il disagio indotto dall’immigrazione con tutte le difficoltà di integrazione linguistica e culturale delle famiglie spesso di ostacolo ad una reale integrazione sociale e culturale che ai ragazzi sembrerebbe invece possibile. Si affianca il disagio di una non perfetta padronanza della lingua che rende difficile, per esempio, superare i test per la patente di guida.

Il Disagio dei giovani si mimetizza durante il percorso scolastico nel tran-tran casa scuola che dà un senso di normalità. In questa fase emergono solo i casi di abbandono scolastico e quei disturbi che hanno eclatante evidenza precoce come i disturbi alimentari e che spesso si concentrano in poche scuole ad alto tasso di accadimento.
Il Disagio Giovanile esplode in tutta la sua drammaticità (40-45% dei ragazzi) subito dopo il diploma, nel momento di dover affrontare l’università o il mondo del lavoro. In quel momento appare la crisi di un modello sociale basato su performance, eccellenza, amplificazione della diseguaglianza, relazioni virtuali, apparenza, gig economy. Un modello che esclude.
A questo punto, se nel percorso di vita eventi traumatici come abbandoni, lutti, separazioni, violenze, atteggiamenti svalutanti ecc. non hanno permesso di consolidare una solida autostima, il ragazzo crolla di fronte a una prospettiva di futuro che disattende tutte le aspettative e induce alla fuga quando non alle dipendenze come ricerca di auto-cura.

Nei Dipartimenti di Salute Mentale il flusso di accessi di giovani è aumentato considerevolmente accompagnato da un aumento della sua complessità e da un anticipo della sua insorgenza e per l’affiancarsi di vere e proprie problematiche di chiara natura psichiatrica quali i Disturbi Alimentari e Asperger. Tutti i disturbi comportano difficoltà nelle interazioni sociali che portano all’isolamento.

È poco diffusa la cultura dell’operare in rete tra agenzie che possono intercettare anticipatamente questi casi come scuole, medici di medicina generale, allenatori sportivi, educatori, informa-giovani, centri per l’impiego.
L’assistenza è fornita troppo tardi presso le sedi di Ulss dove il “paziente” sceglie di andare a farsi curare spesso quando il disturbo è già in fase avanzata e l’isolamento sociale è conclamato.
È in crisi un modello di cura centrato sulla gestione delle acuzie e l’utilizzo dei farmaci ma che non affronta in modo strutturale il problema della mancanza di relazioni soddisfacenti e di un progetto di vita concreto.
La rinuncia dei giovani a questo mondo del lavoro profila nei prossimi anni un aumento della fascia di persone inattive e parimenti sostenuta da pensioni di invalidità civile.

I bisogni

In questo contesto di crisi emergono i seguenti bisogni prioritari:

  1. Non ci sono sufficienti centri di aggregazione giovanile coordinati e supportati dall’intervento costante di figure professionali formate, quali educatori, counselor, psicologi che attraverso la costruzione di reti relazionali stabili, che garantiscano una continuità, siano promotori di momenti di conoscenza, discussione, confronto e cooperazione, operino in prevenzione e allenino i giovani a prepararsi alla vita percependola come diversa da un video-game.
  2. Non c’è ancora sufficiente informazione degli operatori su cosa sia in effetti il Disagio Giovanile che viene ancora percepito come problema del singolo e non come fallimento sociale. A fronte, per esempio, di violenze nella scuola spesso l’unica risposta è la sospensione senza agire all’origine dell’evidente disagio che probabilmente risiede in dinamiche familiari inadeguate.
  3. Non funziona la rete degli operatori che potrebbero intercettare al nascere il Disagio, come insegnanti, medici di medicina generale, assistenti sociali e non funziona non solo per l’esistenza ancora diffusa di atteggiamenti personali di orientamento al compito anziché all’obiettivo, ma anche perché a fronte di un caso intercettato non ci sono strumenti di supporto.

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